Gli emo: cosa vogliono dirci?
di Lucia ImperatoreLe vecchie generazioni, da che mondo è mondo, sono sempre propense ad allarmarsi per le tendenze dei giovani che, per loro natura risultano estreme rispetto all’epoca storica in cui si manifestano. Corsi e ricorsi. Talvolta gli adulti hanno ragione a preoccuparsi, altre volte un pò di meno.
Il compito evolutivo per gli adolescenti, come ci ricorda
Eric Erikson, è per definizione quello di differenziarsi dai propri genitori allo scopo di definire una propria identità che li porti nel mondo adulto. Questo passaggio non è privo di sofferenza, poichè avviene nella lotta tra il desiderio di restare bambini protetti dall’ala amorevole dei genitori e quello di ritagliarsi il proprio posto nel mondo. Le modalità con cui avviene la transizione sono diverse tra un ragazzo e l’altro e si manifestano spesso in mode e tendenze che, assumendo delle peculiari caratteristiche, creano nei ragazzi un senso di appartenenza.
Gli emoE’ questo il caso degli emo, un fenomeno constroverso nato tra gli adolescenti americani e inglesi e poi diffuso in tutto il mondo, soprattutto grazie ad internet. E’ nato come genere musicale di stampo punk rock ed è diventato poi un modo di essere e di sentire.
La parola
emo si riferisce ad una spiccata propensione all’emotività, ma non può non colpire l’assonanza con il suffisso greco che richiama al sangue.
Questa tendenza si caratterizza anche per
un certo tipo di look, che consiste nell’indossare jens consumati molto stretti e aderenti, t-shirt corte raffiguranti le band preferite, o maglioni larghissimi, i richiami allo splatter o al vintage, capelli che coprono il viso accompagnati da un’imponente frangia asimmetrica, gli occhi bordati di nero e scarpe da ginnastica, soprattutto Converse o Vans. Gli accessori sono spesso cinture e collane (più simili a collari) con borchie colorate e un gran numero di bracciali che coprono i polsi.
L’emo-tivitàDai suoi coetanei maschi, l’emoboy è considerato un ragazzo viziato ed annoiato, che avendo tutto si crea problemi inutili per farsi commiserare. Uno studio dell’Università del Michigan sostiene invece che i ragazzi emo siano molto amati dalle ragazze, perchè dolci e gentili, presenti e comprensivi, il nuovo maschio che si differenzia dal macho a cui siamo abituati, proponendo il ritorno di un uomo romantico e sensibile, capace di capire e realizzare tutti desideri della propria partner.
Più che l’abbigliamento, la caratteristica principale degli emo è quella di
manifestare un umore depresso, stile
“I dolori del giovane Wherter“, in cui le emozioni vengono amplificate senza censura, specialmente la tristezza, manifestando un’estrema fragilità. Sembrano non mancare gli inviti al suicidio.
“Non sarò mai un vero Emo finchè non mi suicidio” -la frase pietra dello scandalo, oppure – “picchiare qualcuno con questa pettinatura non è un reato”. Così come ogni tendenza giovanile ha le sue droghe, quella prediletta dagli emo sembra essere
l’antidepressivo. Preoccupante è anche la tendenza degli emo ad
autolesionarsi, specialmente con tagli sui polsi che vengono nascosti dai bracciali. Il bello è che, al contrario di altre mode guardate con rispetto e ammirazione dagli altri adolescenti, gli emo sono spesso bersaglio di scherno da parte dei coetanei.
Una cultura, insomma, dell’emarginazione sociale e della sofferenza profonda, con cui i giovani gridano tutto il loro dolore.Proviamo a capireNegli ultimi anni, la tendenza del disagio mentale si è spostata vero le
“sindromi dell’impulsività“: si registra un
forte incremento del disturbo borderline di personalità, delle condotte
autolesionistiche, delle violenze in famiglia e dei disturbi alimentari e si abbassa l’età delle azioni criminali. In una società che corre, anche la mente si mette in carreggiata.
Con questo non voglio dire che gli emo abbiano un disturbo mentale, voglio semplicemente
sottolineare una tendenza generale nei tempi che cambiano. La nostra epoca, al contrario delle precedenti, incentiva l’espressione delle emozioni, sia nelle programmazioni scolastiche, sia attraverso una maggiore apprensione dei genitori, sempre più combattuti e fragili, sia attraverso un sistema mediatico (i social-networks, le pagine personali, i blogs) che permette la condivisione su larga scala dei propri vissuti.
Questo fenomeno sarebbe molto positivo se ci fosse allo stesso tempo un’azione di contenimento emotivo che faciliti la crescita in un clima di sostegno. Purtroppo non è così.
Se un mio paziente condivide con me un vissuto molto doloroso, è mio compito non mandarlo a casa devastato dalla sofferenza, ma prendermi cura di lui, in modo che riesca a gestire quello che sente e non avverta il bisogno di mettere in atto condotte pericolose che gli permettano di sentire meno dolore.
Allo stesso modo un genitore deve spingere i propri figli ad esprimere il disagio che sentono, ma dopo non deve scappare per paura di stare vicino alla sofferenza dell’altro. Il suo Sè deve mantenersi forte ed integro per fare da contenitore al dolore del proprio ragazzo, dandogli degli strumenti comportamentali e valoriali per affrontare le difficoltà della vita.
Questo articolo vuole essere un appello ai ragazzi a parlare del loro disagio e un appello ai genitori a mantenersi la paura di stare vicini ai figli in maniera profonda, ascoltandoli e
sostenendoli nella loro crescita.psicozoo.it