Forum j Libertad

Contro il fanatismo

« Older   Newer »
  Share  
Krasin
view post Posted on 12/6/2012, 14:19     +1   -1




Contro il fanatismo

di Amos Oz

amosoz_1.jpg.185x155_q100

In breve
Le tre lezioni che Amos Oz ha tenuto a Tubinga in Germania. Un tema: il fanatismo. Una domanda: come curarlo? Una risposta: l’esercizio salutare del compromesso.

Il libro
"Come curare un fanatico? Inseguire un pugno di fanatici su per le montagne dell’Afganistan è una cosa. Lottare contro il fanatismo è un’altra. Completamente diversa. L’attuale crisi mondiale in Medio Oriente o in Israele/Palestina non discende dai valori dell’Islam. Non è da imputarsi, come dicono certi razzisti, alla mentalità araba. Assolutamente no. Ha invece a che fare con l’antica lotta fra fanatismo e pragmatismo. Fra fanatismo e pluralismo. Fra fanatismo e tolleranza.
Il fanatismo nasce molto prima dell’Islam, del cristianesimo, del giudaismo. Viene prima di qualsiasi stato, governo o sistema politico. Viene prima di qualsiasi ideologia o credo. Disgraziatamente, il fanatismo è una componente sempre presente nella natura umana, è, se così si può dire, un gene del male."

contro-il-fanatismo-1

Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione.
Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.


I palestinesi sono in Palestina perché la Palestina è la patria, l’unica patria dei palestinesi. Allo stesso modo in cui l’Olanda è la patria degli olandesi, o la Svezia degli svedesi. Gli ebrei israeliani sono in Israele, perché non esiste altro paese al mondo che gli ebrei, in quanto popolo, in quanto nazione, abbiano mai potuto chiamare “casa”. In quanto individui si, ma non come popolo, come nazione. I palestinesi hanno loro malgrado cercato di vivere in altri paesi arabi. Sono stati respinti, talvolta persino umiliati e perseguitati dalla cosiddetta “famiglia araba”. Nel modo più doloroso sono diventati consapevoli della loro “palestinità”: sono stati malvoluti come libanesi, siriani, egiziani, iracheni. Hanno imparato brutalmente che sono palestinesi e che questo è l’unico paese su cui possono contare. Stranamente, il popolo ebraico è come se avesse un’esperienza storica parallela a quella del popolo palestinese. Gli ebrei sono stati espulsi dall’Europa, i miei genitori sono stati letteralmente cacciati dall’Europa circa settant’anni fa. Così come i palestinesi sono stati cacciati dapprima dalla Palestina e poi da tutto i paesi arabi, o quasi. Quando mio padre era ragazzino in Polonia, le vie d’Europa erano coperte di scritte quali “Ebrei, andatevene in Palestina” quando non di formule ancora meno gentili quali “Maledetti ebrei, tornatevene in Palestina”. Quando mio padre è tornato in Europa, circa cinquant’anni dopo, i muri erano coperti di “Ebrei, fuori dalla Palestina”.
Dall’Europa continuo a ricevere sfarzosi inviti a trascorrere rosei week-end in luoghi ameni insieme a colleghi palestinesi, referenti palestinesi, controparti palestinesi, sì da imparare a conoscerci a vicenda, a piacerci a vicenda, a prendere il caffè insieme, a renderci conto che nessuno ha corna e coda, come se così i guai sparissero. Queste idee si fondano su un’idea tanto diffusa quanto tipicamente europea, secondo cui i conflitti non sono null’altro che dei malintesi. Una modica terapia di gruppo, un tocco di consulto famigliare, e tutti vivranno felici e contenti. Purtroppo ho delle cattive notizie: alcuni conflitti sono molto reali, sono ben peggio di un malinteso. Ma ho anche delle notizie sensazionali, per voi: temo che non ci sia alcun malinteso di base, fra arabi palestinesi e israeliani ebrei. I palestinesi vogliono la terra che chiamano Palestina. La vogliono per delle ragioni stringenti. Gli ebrei israeliani vogliono esattamente la stessa terra esattamente per le stesse ragioni, il che garantisce una perfetta comprensione tra le parti, e dà la misura di una terribile tragedia. Fiumi di caffè insieme non potranno mai cancellare la tragedia di due popoli che rivendicano, e ritengo con ragione, lo stesso piccolo paese come loro unica patria, nazione al mondo. Pertanto un caffè conviviale è cosa meravigliosa, ci sto soprattutto se si tratta di caffè arabo, che è infinitamente migliore di quello israeliano. Ma un caffè insieme non può risolvere il problema. Ciò di cui abbiamo bisogno non è soltanto un caffè che serva a capirsi meglio. Ciò di cui abbiamo bisogno è un doloroso compromesso. Come ho già detto la parola “compromesso” gode di una terrificante reputazione nella società europea. Ma noi abbiamo necessità di un compromesso. Compromesso, non capitolazione. Compromesso significa che il popolo palestinese non debba mai mettersi in ginocchio, e nemmeno debba farlo il popolo ebraico israeliano.
[…]
per lunghi anni sono stato molto critico verso il movimento nazionale palestinese per motivi in parte storici in parte no. Ma sono stato critico con il movimento nazionale palestinese soprattutto per il fatto che questo ha mancato di riconoscere l’autenticità del legame ebraico con la terra d’Israele. Perché non ha voluto riconoscere che il moderno Israele non è affatto un prodotto dell’impresa coloniale; o quantomeno l’ha riconosciuto e non l’ha detto al proprio popolo. parimenti aggiungo che sono altrettanto critico verso le generazioni di sionisti israeliani che hanno mancato di riconoscere l’esistenza di un popolo palestinese, un popolo vero con veri, legittimi diritti. Così, entrambe le leadership, tanto passate quanto presenti, sono colpevoli di non aver compreso la tragedia, o se non altro di non averla spiegata ai rispettivi popoli.


Edited by Krasin Kronstadt - 3/5/2020, 08:44
 
Top
Krasin
view post Posted on 29/1/2015, 18:05     +1   -1




Amos Oz: "Chi tradisce è capace di cambiare il mondo"

La provocazione di "Giuda", il nuovo libro dello scrittore: "Solo rinnegando si può migliorare

095042329-3d7845af-4bd7-4a8c-88c7-a6aa00d34ea3

Oz, attraverso le voci e i silenzi dei suoi personaggi, mette in scena una specie di thriller esistenziale e ideologico: dalla riflessione sul senso dell'esistenza dello Stato d'Israele e su ogni utopia di redenzione che finisce inevitabilmente nel sangue, al rapporto tra ebrei e Cristo, dalla domanda su cosa significhi essere figli che come il biblico Isacco o i contemporanei soldati corrono il rischio di essere sacrificati dai padri, alla meditazione sulla solitudine senza rimedio. Ma prima di tutto Giuda è un potente elogio del tradimento. "Perché", dice l'autore in questa conversazione, "solo chi tradisce, chi esce fuori dalle convenzioni della comunità cui appartiene, è capace di cambiare se stesso e il mondo".

L'azione si svolge a Gerusalemme, durante tre mesi d'inverno fra il 1959 e il 1960. Piove e fa freddo. Ogni tanto si sentono gli spari dei militari della Legione araba appostati sulla linea del cessate il fuoco che divide la città. Il protagonista è uno studente che sta perdendo la fede; nel proprio futuro personale, nel socialismo e nel sionismo. In una specie di viaggio interiore incontra un maestro disilluso ma non cinico, una donna che gli farà da madre e amante e due fantasmi: di un uomo che non voleva la nascita d'Israele e di un giovane morto perché Israele viva.

Cominciamo dall'inizio, da Gesù e Giuda, tabù nell'universo ebraico. Un grande scrittore yiddish Sholem Asch nel 1939 li raccontò in un romanzo: finì in bufera, con una specie di anatema.

Shemuel Asch è anche il nome dello studente, protagonista del suo romanzo.
"È solo una citazione. Il Giuda di Asch tradisce perché ubbidisce a una richiesta precisa rivoltagli da Cristo. Il mio Giuda invece crede in Gesù più di quanto Gesù crede in se stesso. Il mio Cristo non vuole farsi crocifiggere, ha paura, gli piacerebbe abbandonare Gerusalemme e tornare nella sua Galilea, mentre Giuda è convinto che solo con Gesù sulla croce il mondo possa essere redento; dei trenta denari non gli importa niente. Detto questo: Gesù era un uomo meraviglioso, amato e pieno di amore, ma anche ingenuo. È davvero possibile amare l'umanità intera?".

Lei come risponde?
"Io faccio il romanziere, invento i personaggi. Uno di questi risponde: "Si possono amare al massimo cinque, sette persone". Chi pensa di amare l'umanità intera, si mette su una china pericolosa".

Comunque molti ebrei la contesteranno per l'empatia nei confronti di Gesù, per aver revocato Giuda, con cui gli antisemiti da sempre identificano gli ebrei....
"Penso che i patrioti sionisti saranno arrabbiati per un altro personaggio che ho inventato: Shaltiel Abrabanel".

Un ebreo di terza generazione a Gerusalemme, amico degli arabi, che si oppone alla nascita dello Stato d'Israele e viene accusato di tradimento. Abrabanel dice: "Stiamo per fondare un piccolo staterello che sarà condannato a un eterno ciclo di violenza e odio"...
"Secondo lui l'idea di un mondo diviso in Stati nazionali è anacronistica. Abrabanel faceva parte di un'epoca precedente, ma forse era profeta del tempo a venire. E per quanto riguarda il tradimento: chi porta al mondo una cosa nuova, tradisce le cose vecchie. Traditore era il profeta Geremia, e per gli ebrei Gesù. E lo sono stati Lincoln, De Gaulle, Ben Gurion agli occhi della destra, perché il fondatore del nostro Stato ha rinunciato nel 1948 a metà della Terra d'Israele. Traditore è stato Rabin. E l'hanno ammazzato. Anche io sono stato più volte accusato di essere un traditore. Per me è come una medaglia al merito".

Parliamo del disincanto. Nelle prime pagine di Giuda lei cita due romanzi. Il primo, Il dottor Zivago di Boris Pasternak, è un'epopea che toglie ogni patina di eroismo alla Rivoluzione bolscevica. Il secondo, Le giornate di Ziklag , è un un'opera dello scrittore israeliano S. Izhar, pseudonimo di Izhar Smilanski, e dove la guerra d'indipendenza del 1948 viene raccontata come una serie di riflessioni intime sulla paura, sull'egoismo, su come è assurdo morire e su come i luoghi storici della patria siano invenzioni posticce. Il suo protagonista poi, è disilluso da Stalin, dal sionismo, spera un po' in Fidel Castro, ma con scarsa convinzione...
"Sia per quanto riguarda la rivoluzione comunista che quella sionista, racconto il risveglio dopo la sbornia, quando l'euforia è finita e la testa fa male. Ma oltre la Storia e la teologia, ho narrato una piccola vicenda intima; di un ragazzo che non ama i suoi genitori e che ha sempre voluto avere un altro padre e un'altra madre. E chi di noi non ha mai sognato di avere altri genitori? Anche in questo desiderio c'è elemento di tradimento".

Parlando dei padri e figli. Nel libro di Izhar che lei cita, un protagonista maledice Abramo per il sacrificio di Isacco. Nel suo, un protagonista maledice se stesso per aver mandato il figlio a morire per la patria. Corrisponde al pensiero di Oz?
"Ho scritto un libro polifonico e in cui c'è chi pensa che Ben Gurion sia stato un falso Messia portatore di disgrazie e c'è invece chi considera Ben Gurion il più grande leader ebreo della storia. Ogni tesi ha una sua antitesi. E io sono parzialmente d'accordo con ciascuno dei protagonisti. Le mie posizioni politiche le ho espresse in centinaia di pezzi giornalisti".

La domanda non riguardava le sue opinioni politiche, ma la sua posizione esistenziale rispetto al mito di Abramo e il sacrificio dei figli..
"Dal punto di vista esistenziale sono d'accordo con chi maledice Abramo. Ma sono pure d'accordo con chi pensa che nel 1948 il sacrificio era necessario. Non ho scritto un romanzo a tesi".

E allora, una domanda diretta: c'è nel sionismo un elemento di messianesimo senza il Messia? Un tentativo di accelerare i tempi che secondo la tradizione ebraica porta all'apostasia o alla catastrofe?
"Un elemento così esiste. C'è un passaggio nel libro in cui un protagonista dice: "Il sionismo è un movimento laico, però usa energie mistiche, fideistiche". E un altro gli risponde: "Un giorno queste energie diventeranno padrone"... Ma si ricordi la lezione di D. H. Lawrence: per scrivere un romanzo bisogna saper presentare con uguale credibilità cinque o sei punti di vista diversi".

Quando si cerca la perfezione si finisce per distruggere il mondo?
"È così. È quello che dice con un paradosso un protagonista: "In ogni generazione i popoli si alzano per redimerci e non c'è nessuno che ci salvi dalle loro mani". E senza svelare la fine: anche Giuda comprende di aver fatto un errore a pensare che Gesù non era solo un essere umano, ma anche Dio".

repubblica.it
 
Top
view post Posted on 3/5/2020, 07:41     +1   -1
Avatar

Advanced Member

Group:
Administrator
Posts:
1,785
Reputation:
+1
Location:
Imola

Status:


E LA CHIAMEREMO GOLDA
Il 3 Maggio 1898 nasceva Golda Meir, grandissima donna e Primo Ministro dello Stato di Israele dal 17 Marzo 1969 al 3 Giugno 1974.
La ricordiamo così, mentre balla con Margaret Kenyatta, figlia del leader del Kenya durante una visita in Africa nel 1960.

“Se le donne siano meglio degli uomini non posso dirlo, ma posso dire che di certo non sono peggiori“

«Per me essere ebrea significa e ha sempre significato essere orgogliosa di far parte di un popolo che ha mantenuto la sua specifica identità per oltre 2000 anni, nonostante il dolore e le persecuzioni che per questo gli sono stati inflitti»

#AccaddeOggi #3Maggio1896 #GoldaMeir #Israele

By https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/?...=k*F&tn-str=k*F

Attached Image: Golda meir

Golda meir

 
Top
2 replies since 12/6/2012, 14:19   116 views
  Share